Passo sempre molto tempo ad osservare fauna, piante, boschi, insetti; davvero, ci passo delle ore in queste fasi meditative ed ogni volta devo dire grazie al Mondo, perché mi offre immagini illuminanti, che poi mi sono davvero utili nella vita, nelle scelte che devo portare avanti.
Oggi ho assistito a una scena dolcissima; questo è il tempo dei piccoli di capriolo; nascono nei boschi o nei prati e le madri li lasciano ogni tanto per qualche ora da soli, mentre loro vanno a nutrirsi, perché in fase di allattamento, anche le madri devono essere in forze. Mi è capitato spesso di incappare in un piccolo capriolo, o in un piccolo cervo raggoitolato nell’erba, in attesa della madre. Il comportamento da adottare in questi casi è NON TOCCARE IL PICCOLO, MAI E PER NESSUNA RAGIONE.

Lui sta bene, sta lì immobile solo perché quello è il suo unico sistema di difesa; cerca di mimetizzarsi, rimanendo il più fermo possibile. Se vi capita di incontrarne uno, lasciatelo stare, non chiamate nessuno e allontanatevi, tenendo i cani al guinzaglio. L’unico vero pericolo per lui, siete voi, in quel momento. Se vi allontanate e lo lasciate in pace, il pericolo non c’è più. Dico che siete un pericolo non perché siete cattivi e brutti, ma perché la madre è nei paraggi, e se state troppo lì a disturbare lei e il cucciolo, potrebbe anche decidere di abbandonarlo, perché troppo spaventata dalla situazione. Quindi, ripeto, il comportamento corretto è lasciare il cucciolo in pace, senza fare troppa pubblicità sulla sua presenza e allontanarsi il più in fretta possibile.

Bene, detto questo, oggi, ho incontrato il bambi a bordo di un sentiero; il mio scarpone si è fermato a venti centimetri dal suo musetto. Mi sono fermata, l’ho guardato e l’ho ringraziato, perché si ringraziano sempre gli incontri belli e fortuiti e poi ho proseguito.
Tornando sui miei passi, ho scorto la mamma immersa nella boscaglia, che mi stava osservando; splendida, prudente, con le grandi orecchie ben ritte, mi guardava con gli occhi neri. E’ stato un caso che io l’avvistassi, perché anche lei era perfettamente mimetizzata fra le fronde di un abete. Ho cambiato percorso, tagliando per la torbiera e immergendo i piedi fino al polpaccio nel fango, pur di non andare nella sua direzione, pur di non disturbarla, rischiando che si allontanasse troppo dal piccolo. E mentre facevo la mia performance da escursionista stile Rambo, immersa nella fanghiglia fino alle orecchie, perché resa ancor più appiccicosa dalle continue piogge, mi sono chiesta quanta intelligenza ci vuole per creare degli esseri tanto perfetti.

Il cucciolo di capriolo, se ne sta lì immobile per preservare la sua giovane vita; non c’è umiltà in un atteggiamento tanto remissivo di fronte a un potenziale predatore. C’è solo l’intelligenza di preservare se stesso, la piena consapevolezza dei propri limiti. In realtà, in Natura, l’umiltà non esiste. L’umiltà teoricamente, è solo un comportamento umano ed è un bene che qualcuno ce lo insegni, perché siamo troppo stupidi, a volte, per maturarlo da soli. Se fossimo evoluti, non ne avremmo bisogno; potremmo essere esattamente quello che siamo, senza tante menate.
E infatti anch’io ho imparato; più frequento i boschi e più sono consapevole dell’importanza dell’umiltà della mia specie, quella vera che ci insegna la Natura, quella che serve a rendersi conto dei propri limiti e anche dei limiti che non vanno oltrepassati nei confronti degli altri esseri. Ho assistito per anni a comportamenti che reputo stupidi e privi di intelligenza da parte di gente che non si rende conto di quanto è minima cosa, se messa di fronte alla magnificenza del mondo naturale; gente che dovrebbe sapere tutto delle cose della Natura, ma che si arroga il diritto di interferire in continuazione nelle esistenze pacifiche degli esseri meravigliosi che custodiscono e abitano i boschi. In nome di cosa? In nome dell’arroganza che li contraddistingue in quanto individui appartenenti alla specie umana, o in nome di singoli individui scarsamente pensanti? Entrambe le cose, presumo.

Il rispetto comporta la conoscenza dei propri limiti; l’intelligenza anche. L’umiltà equivale quindi al rispetto per se stessi e per ciò che chiama rispetto; e niente come le cose della Vita, della Natura, chiama rispetto. Quindi, ogni tanto, tocca chiedersi se noi i nostri limiti li conosciamo, se ci siamo mai chiesti se davvero li abbiamo mai cercati. Perché nel tempo, osservando gli animali, io mi sono anche detta che forse i miei limiti io non li ho mai nemmeno sfiorati e magari potrei fare di meglio; c’è un limite che richiede umiltà nel sapere fin dove possiamo arrivare, e nel contempo, salvo rare eccezioni, non ci proviamo nemmeno a spingerci oltre all’ordinario, oltre la consueta abitudine, oltre la rassicurante conoscenza delle nostre routine, per cercare di fare qualcosa di degno, di costruttivo, di utile… davvero utile.
Sia chiaro, io non mi lamento, ma faccio le mie considerazioni, anche auto critiche, a fronte di una condizione che evidentemente potrebbe essere migliorata; e io penso per me, per il mio miglioramento, ovviamente. Ma esternalizzo, a discapito o a beneficio di tutti, perché questa è roba che mi viene dal mio girovagar per i boschi e forse se la condivido, un senso riesco a darglielo.
Allora, mi sono detta, siamo una specie strana, perché oltrepassiamo limiti evidenti nei confronti di ciò che sappiamo essere mite e remissivo, per boria, stupidità e arroganza, e non ci spingiamo mai fino ai limiti consentiti che mettano davvero alla prova di che pasta siamo fatti; forse per pigrizia, per inerzia, perché siamo anche estremamente pavidi, in fin dei conti. I cambiamenti, le prove su terreni sconosciuti richiedono coraggio, c’è niente da fare!! Passiamo dall’arroganza all’ignavia, alla vigliaccheria, senza trovare un equilibrio; quello stesso equilibrio che in Natura, invece, si vede sempre. E ci caghiamo sotto per un nonnulla, salvo poi essere dei draghi con le tastiere, o con i fucili.

Ho assistito alle corse sulla neve dei maschi di camoscio in amore; ho avuto la fortuna di vederli correre lungo i pendii verticali di montagne rocciose, senza freni, senza un filo di incertezza, o di paura; lanciati a velocità folli lungo canaloni coperti dal ghiaccio, scendendo a rompicollo e inseguendosi l’un l’altro per lunghi minuti, senza tregua, senza soste, per dimostrare il proprio valore, per dimostrare chi aveva il diritto di continuare a propagare i sui geni accoppiandosi con le femmine e chi, invece, doveva soccombere, o forse anche morire.
A volte,raramente, queste tenzoni arrivano allo stremo e finiscono nel peggiore dei modi. Ma lì, in quei momenti, non c’è l’umiltà dello sconfitto; lì c’è solo la dimostrazione di aver fatto tutto il possibile, fino alla fine, senza risparmiarsi nulla, senza risparmiare un soffio di fiato, fino all’ultimo alito di vita. Niente. Il limite in quei casi viene raggiunto, il più delle volte si fermano un secondo prima dell’inevitabile, ma tutto viene messo in gioco, fino in fondo. In Natura l’umiltà non esiste; esiste solo la consapevolezza che chi va fino in fondo, vince, a prescindere dal risultato.
L’essere umano ha bisogno dell’umiltà, per rendersi conto di avere dei limiti che vanno osservati; perché l’essere umano non conosce più le Leggi della Natura. Disattende i suoi talenti, li ignora, li lascia appassire negli anni, nel rimpianto, nell’amarezza della frustrazione, nella lamentela e nel dissapore, sfogandosi su chi gli sta attorno e di contro, però, non manca di ostentare la propria arroganza, di solito con i più deboli, con gli esseri indifesi, con chi non gli crea nessuno spavento, nessuna paura, perché lui è l’essere “intelligente”, tecnologico, che si può spingere oltre, fino all’autodistruzione.

E allora, sì, l’umiltà in Natura non esiste, ma per l’essere che ha perso il filo diretto con le Leggi Naturali, ci vuole. Eccome!!! Quindi, il consiglio che mi viene da dare a chi si sente molto forte della propria intelligenza come facente parte della specie “più evoluta”, ecco, mi viene da dire “Siate umili, cospargetevi il capo di cenere e fatevi due domande ogni tanto!!” Io lo faccio, altrimenti non lo consiglierei a nessuno; io faccio parte della specie, spesso mio malgrado e altrettanto spesso, per mia fortuna. E’ l’unico modo che abbiamo per salvarci da noi stessi, è questo.
E già che ci siamo, visto che siamo sul pezzo, chiediamoci anche se quando noi ignoriamo i nostri talenti, usando l’umiltà come alibi, ed il senso di colpa come leva, non facciamo il peggior peccato che gli dei hanno sottoposto alla nostra attenzione in tutti i testi sacri e non sacri, fin dall’antichità!! Siamo esseri strani; usiamo l’umiltà come alibi per non prenderci la responsabilità dei nostri talenti, ma la ignoriamo quando occorre saperla mettere in campo nei confronti dei più deboli. Giriamo al contrario; non stupiamoci poi se la giostra smetterà di avere pazienza e prima o poi ci sputerà fuori orbita.
Rimarranno i caprioli, ed i camosci, a preservare questo Pianeta, se non ci diamo una regolata con un po’ più di impegno. E per quel che vedo oggi, farebbero certo un lavoro più ben fatto di quello che fa la maggior parte di noi! E a quelli che inneggiano alla morte e allo sterminio della specie umana, (perché ci sono anche queste menti eccelse, già lo so e so che le voci si leveranno), vorrei dire che il loro contributo disfattista è dannoso, se non del tutto inutile, tanto qunto quello di chi lavora alacremente affinché la fine si avvicini inesorabile.
Perché vedete, c’è una Legge che dice che a forza di chiamare tempesta, la tempesta prima o poi arriva davvero, ma arriva sulla testa di tutti, mica solo su quella degli altri. Non c’è molta differenza fra chi si lamenta e s’incazza senza far nulla, e chi produce danno concreto; entrambi sono dannosi e inutili agli occhi della Natura.
Vorrei ricordare a questi punkabestia fuori tempo (con rispetto parlando per i veri punk) che sulla giostra ci stanno anche loro, insieme a un mucchio di gente che una fine tanto misera, proprio non se la meritano. L’unica via è la critica costruttiva seguita da fatti concreti. Ognuno faccia quel che può, con i mezzi che ha, con i talenti di cui dispone, ma per cortesia, non si lamenti o non faccia l’ignavo… i due estremi sono i peggiori. Il gioco è in mano nostra, di ognuno di noi singolarmente e i cuccioli, anche quelli della nostra specie, ci guardano; cerchiamo di non dare un esempio impietoso. Grazie.


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