Storie come Barbablù ci dicono come rimarginare la ferita delle donne che non smette di sanguinare.
IN un singolo essere umano, si trovano molti altri esseri, tutti dotati di loro valori, motivi, strumenti. Alcune tecnologie psicologiche, suggeriscono di fermare questi esseri, contarli, dar loro un nome, tenerli imbrigliati finché non si trascinano come schiavi vinti, ma fare questo, significherebbe fermare le danze delle luci selvagge negli occhi di una donna; arresterebbe il suo luminoso calore e le scintille che scoppiettano.
Il nostro lavoro non consiste nel corromperne la naturale bellezza, ma nel costruire per tutti questi esseri una campagna selvaggia, in cui le artiste possano creare, chi ama possa amare, le guaritrici possano curare. Ma che ne faremo di quegli esseri interiori che sono del tutto pazzi? O di quelli che portano distruzione senza neanche pensarci? Anche a questi dev’essere dato un posto capace, per altro, di contenerli. UN’entità in particolare, la più ingannevole e fuggente della psiche, RICHIEDE LA NOSTRA CONSAPEVOLEZZA IMMEDIATA E LA CAPACITA’ DI ARGINARLA. E’ il predatore naturale.
Se la causa di molte umane sofferenze è da attribuirsi a un negligente incoraggiamento, all’interno della psiche esiste anche un aspetto innato e “contro natura“; la forza contro natura, si oppone al positivo, è contro l’armonia, lo sviluppo e il selvaggio ed è un antagonista derisorio e sanguinario che nasce in noi, e anche con il miglior nutrimento parentale, l’unico compito dell’intruso è il tentativo di trasformare ogni crocevia in strade senza uscita. Questo sovrano predatore si mostra di tanto in tanto nei sogni delle donne; erompe nel bel mezzo dei piani più ricchi di sentimento e significato e separa la donna dalla sua natura intuitiva. Compiuta l’opera di separazione, lascia la donna indebolita nel sentimento, con una sensazione di fragilità che pare impedirle di andare avanti. Idee e sogni giacciono ai suoi piedi, inanimati.
Barbablù è una storia esemplare. […]
La storia di Barbablù, riguarda tutte le donne; il predatore innato. E’ una forza specifica e incontrovertibile, che va memorizzata e controllata. Per frenare il predatore incontrollato della psiche è necessario che le donne restino in possesso di tutti i loro poteri istintuali fra cui l’introspezione, l’intuito, la resistenza, l’amore tenace, la sensibilità acuta, la lungimiranza, l’udito sottile, la capacità di cantare sui morti, di curare in modo intuitivo, di tendere ai propri fuochi creativi. […]
Barbablù rappresenta un processo psichico di profonda reclusione che si acquatta ai margini della vita di ogni donna e osserva, in occasione di un’occasione per contrastarla. Se nella psiche maschile può simboleggiarsi in modo simile, o diverso, Barbablù è pur sempre l’antico e contemporaneo nemico di entrambi i sessi. E’ difficile comprendere in pieno la “forza alla Barbablù”, perché è innata, ovvero indigena in tutti gli esseri umani dalla nascita in poi e in questo senso, priva di origini consce. […]
Nella storia, Barbablù è detto “un mago mancato”; […] un mago apparentemente normativo, ma incommensurabilmente distruttivo. […] I predatori desiderano superiorità e poteri sugli altri, sono portatori di una sorta di ampollosità psicologica per cui l’entità desidera di essere più in alto dell’ineffabile, altrettanto grande e a questo pari. A quell’ineffabile che tradizionalmente distribuisce e controlla le forze misteriose della natura, compresi i sistemi della vita e della morte, le regole della natura umana e così via…
[…] il problema posto nella fiaba di Barbablù è che invece di potenziare la luce delle giovani forze femminili della psiche, il protagonista è ricolmo di odio e di desiderio di spegnere le luci della psiche. […] all’inizio della storia abbiamo un essere formidabile nel suo aspetto irredento; questo fatto è una delle verità fondamentali che la sorella minore deve apprendere, che tutte le donne devono riconoscere. Sia in esterno che all’interno c’è una forza che si oppone agli istinti del sé naturale e quella forza maligna è quel che è. […] le nostre prime azioni devono essere di riconoscerla, di proteggerci dalle sue devastazioni e infine di privarla della sua energia sanguinaria.
Tutte le creature devono sapere che esistono i predatori; senza questa conoscenza la donna sarà incapace di negoziare tranquillamente all’interno del suo bosco, senza essere divorata. Comprendere il predatore è diventare un animale maturo, non vulnerabile per ingenuità, inesperienza, o stupidità.
[…] la storia di Barbablù è utile a tutte le donne, che siano giovanissime e stiano appena cominciando ad apprendere qualcosa sul predatore, o che siano state da lui vessate e cacciate per decenni e si stiano alfine preparando per una battaglia finale e decisiva. La sorella giovane rappresenta un potenziale creativo all’interno della psiche, un qualcosa che va verso la vita esuberante, ma c’è una deviazione, perché accetta di diventare il trofeo di un uomo cattivo, perché i suoi istinti per osservare e reagire diversamente, non sono intatti. Psicologicamente i ragazzi e le ragazze sono come addormentati rispetto al fatto di essere prede.
[…] la sua natura selvaggia ha subodorato la situazione e sa che Barbablù è letale, tuttavia la psiche ingenua, non ammette questa intima conoscenza; l’errore di giudizio è quasi normale per una donna così giovane che non ha ancora sviluppato i sistemi di allarme. E’ come un lupetto orfano che gioca nella radura e non si accorge della grossa lince che sempre più si avvicina. […] Come nel mondo animale, la giovane impara a vedere il predatore attraverso gli insegnamenti del padre e della madre; senza l’amorevole guida dei genitori, sarà sicuramente presto una vittima. […] Quando la lupa lascia i suoi piccoli per andare a caccia, questi tentano di seguirla fuori dalla tana, lungo il sentiero; lei ringhia e li risospinge indietro, finché quelli trotterellando si decidono a ritornare nella tana. La madre sa che i piccoli non sono in grado di soppesare chi è e chi non è predatore, ma con il tempo lo insegnerà loro, con dolcezza e anche con durezza. Come i lupetti, le donne hanno bisogno di un’iniziazione simile, che insegni loro che il mondo interiore e quello esterno, non sono sempre luoghi spensierati.
Molte donne non ricevono mai quell’insegnamento di base sui predatori che la la lupa da ai suoi piccoli. Per esempio: se minaccia ed è più grande di te, scappa! Se è più debole, vedi un po’ che cosa vuoi fare, se è malato, lascialo perdere. Se ha penne, veleno, zanne o artigli, prendi la direzione opposta, se ha un buon odore, ma è avvolto attorno a mascelle metalliche, passa oltre.
[…] tutti gli esseri umani vogliono raggiungere subito il paradiso qui, in terra; il problema è che l’IO desidera sentirsi bene, però l’inteso desiderio del paradisiaco, se si combina all’ingenuità, non ci rende appagati, ma fa di noi cibo per il predatore. La quiescenza a sposare il mostro, in realtà, è decisa quando le bambine sono ancora piccole, di solito prima dei cinque anni. Si insegna loro a “non vedere” e a render graziose quelle che sono grottesche ridicolaggini, che le fanciulle siano graziose, o meno. Per via di questo addestramento, la sorella più giovane può dire: ” Insomma, la sua barba non è poi così blu!”
Questo precoce addestramento a “mostrarsi carine” induce le donne a calpestare le loro intuizioni. IN questo senso si insegna loro, e davvero intenzionalmente, a sottomettersi al predatore. Provate a immaginare una mamma lupa che insegna al suo cucciolo a mostrarsi “carino” in presenza di un furetto affamato o di uno scaltro serpente a sonagli. Nel racconto, persino la madre è complice; partecipa alla scampagnata; non dice una sola parola a nessuna delle figlie per metterle in guardia. Si potrebbe dire che la madre biologica, o la madre interiore, è addormentata, o lei stessa ingenua., come spesso accade nelle ragazze molto giovani o nelle donne senza madre.
[…]la piccola chiave è l’accesso al segreto che tutte le donne sanno, e che pure non sanno. La chiave rappresenta il permesso di conoscere i più profondi, i più oscuri segreti della psiche. IN questo caso, quel qualcosa che con noncuranza degrada e distrugge il potenziale di una donna. Barbablù continua nel suo piano distruttivo a istruire la moglie a compromettersi psichicamente. “Fa tutto quello che vuoi” le dice; la spinge a provare un falso sensi di libertà. […] ma in realtà non è libera, perché le è vietato di registrare la conoscenza sinistra che riguarda il predatore, sebbene nelle profondità della psiche, lei abbia già compreso. Questa donna ingenua, tacitamente accetta di non sapere. […] Barbablù impedisce alla giovane donna di usare quella chiave che la porterebbe alla consapevolezza. […] la priva della sua natura intuitiva, del suo naturale istinto alla curiosità che le fa scoprire quello che “sta sotto” e la conduce al di là dell’ ovvio. Senza questa conoscenza, la donna è priva della debita protezione. Se cerca di ubbidire all’ordine di Barbablù di non usare la chiave, sceglie la morte per il suo Spirito. Decidendo di aprire la porta dell’orrenda stanza segreta, sceglie la vita.
Alcuni come Freud e Bettelaim hanno interpretato episodi come quelli che si trovano in Barbablù come un castigo psicologico per la curiosità sessuale delle donne; inizialmente nella formulazione della psicologia classica, alla curiosità delle donne veniva data una connotazione negativa, mentre gli uomini, dotati della stessa qualità, venivano definiti “investigativi”. Si dicevano “ficcanaso” le donne, mentre gli uomini erano “avidi di sapere”. IN realtà, il banalizzare la curiosità femminile, affinché non sembri che un fastidioso ficcanasare, nega l’introspezione, le intuizioni, le impressioni della donna; nega tutti i suoi sensi, cerca di attaccare tutti i suoi più basilari poteri, la differenziazione e la determinazione.
Considerando che le donne che ancora non hanno aperto la porta proibita tendono a essere le stesse che corrono tra le braccia di Barbablù […] è importante disobbedire all’ordine del predatore e scoprire che cos’ha di speciale quella stanza è essenziale. […] porsi la domanda giusta è la chiave centrale della trasformazione, perché provoca la germinazione della consapevolezza. […] Che cosa c’è al di là?! Le domande sono le chiavi che fanno spalancare le porte segrete della psiche. […] Coloro che sviluppano la consapevolezza, cercano tutto ciò che sta al di là dell’immediatamente osservabile […] inseguono questi misteri finché non vedono chiaramente la sostanza della questione. Come vedremo, la capacità di sopportare quel che si vede, consente alla donna di ritornare alla sua natura profonda per esservi sostenuta in tutti i pensieri, i sentimenti e le azioni.
Da “Donne che corrono coi lupi” di C. Pinkola Estes
Questa parte di questo splendido libro, che consiglio a tutti di leggere, mette in risalto anche un punto che nella fiaba di Perrault si legge nella chiusa. Il moralismo che si legge nella fiaba e relativo alla curiosità, nel libro di C.Pinkola si capisce quanto può essere dannoso. Per questo occorre sempre fare attenzione a i messaggi che compaiono nelle fiabe rielaborate in epoca moderna. Quando un messaggio comincia a stridere con tutto il resto del testo, del racconto, della storia, di solito suona un campanello d’allarme all’interno di noi stessi; occorre sempre farci attenzione e chiedersi il perché ha suonato. Questi sono gli unici alert veramente utili all’Essere Umano, oggi.

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