Probabilmente, forse, sarei morta, o magari no.
Se io avessi cent’anni potrei capire le regole della Danza, o del Gioco e forse potrei dirimere le controversie fra i miei pensieri e le mie emozioni; magari avrei già imparato a fare scorrere il pensiero in conseguente armonia con le lancette dell’emozione. O me ne starei su una vecchia poltrona in una pelle vintage degli anni 2000, recuperata da qualche mercatino dell’usato, ed usata pochissimo. A cent’anni potrei permettermi di sedermi un attimo, a riposare. Potrei ordinare il cibo che il mio corpo può ancora digerire, o forse avrei imparato a non mangiare più, a farne a meno.
Potrei stare a guardare vecchie stampe e ad accarezzare fiori secchi fra le pagine di oggetti che nessuno usa più. Forse, se avessi cent’anni potrei vestirmi di lino bianco ed esser certa che rimarrei linda e in pace settimana dopo settimana, mentre i mobili non si riempirebbero più di polvere, perché qualcuno ha prodotto un aggeggio che lava l’aria e la polvere se la mangia davvero… non come quei prodotti puzzolenti di chimica velenosa che si usavano cinquant’anni fa.
Forse, se adesso avessi cent’anni, mi dedicherei a sollevare il popolo degli alberi dalle sue incombenze e a dirimere minuscoli contrasti fra il popolo degli stagni e il popolo dei ruscelli; mi occuperei di loro, con dolcezza, con rispetto, come sanno fare gli esseri superiori con i loro figli. Se io avessi cent’anni ascolterei la musica nel perfetto silenzio portato dal vento e saprei danzarla con passi impercettibili dello Spirito e movenze immobili dell’Anima.
Se avessi cent’anni non aprirei più gli occhi per guardare, perché vedrei tutto comunque e vedrei anche altro. Se avessi cent’anni non userei più le orecchie per sentire, ma saprei ascoltare meglio e più di adesso. Se avessi cent’anni visiterei i mondi che cinquant’anni fa mi circondavano, ma che per me erano invisibili; ci andrei a zonzo, prendendo sotto braccio i poeti e le muse che ho incontrato nelle mie innumerevoli vite e facendomi raccontare da ognuno dove hanno preso l’ispirazione per creare la Bellezza per i loro simili e per Dio.
Se avessi cent’anni sarebbe la prima volta che li compio, perché mi sono sempre fermata prima e forse ne sarei davvero stupita, perché mi ricorderei di quando mi sentivo stanca e di quando ho chiesto di ritornare a casa molto prima. Se avessi cent’anni, adesso, dovrei ringraziare chi ha posticipato la data della mia partenza, fino a farmi giungere sul molo di un mare magnifico e in tempesta, per farmi ricordare che la salsedine non annega nessuno e che l’Oceano può portare lontano.
Se avessi cent’anni andrei a dormire presto alla sera, ma dormirei pochissime ore; giusto il tempo per non dimenticarmi come si fa. Se avessi cent’anni mi sveglierei in continuazione durante il giorno, per fare un gradino in più verso l’alto e staccarmi finalmente da terra, per imparare a volare come conviene a chi ha vissuto il giusto, senza negarsi il necessario, prima di esser morta.
Se avessi cent’anni andrei per campi a raccogliere i ranuncoli ed i fiori di cicoria, perché il giallo è fatto per stare con il viola e perché il Sole è un dono che a cent’anni non bisognerebbe negare a nessuno. Se è per questo, il Sole è un dono che non si dovrebbe negare a nessuno, a prescindere dall’età che si porta. Se avessi cent’anni mi dedicherei a contare la pioggia, goccia dopo goccia, soprattutto di notte, perché l’acqua porta alla Terra il sacro che giunge dal cielo, e andrebbe sempre ringraziata, con attenzione, e di questo occorre tenerne conto.
Ma io a cent’anni per ora non ci sono arrivata, e allora, per oggi mi limito a guardarmi con gli anni che ho, e anche a ringraziare per il fatto che adesso ancora vivo e ho un po’ di tempo per fare quel che devo fare; è già qualcosa… che fino a qui ci sono arrivata, intendo, visti i tempi ostili e per nulla clementi. Se a cent’anni non ci arrivo, pazienza; vorrà dire che andrò per i cento e uno.

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