PARTE OGGI LA RUBRICA DEL GIOVEDI’ DEDICATA ALL’ANALISI DELLE FIABE
“TE LA RACCONTO GIUSTA”
Ascolta il podcast delle FIABE LETTE DA STORIESELVATICHE
Non so bene se ce la faccio ad aggiornarla OGNI giovedì, ma so che se esce, esce di giovedì. 😉 In questa rubrica si analizzano le fiabe che vi leggo il venerdì precedente, in modo che il tutto dovrebbe cominciare a prendere una forma con un senso logico, si spera. 😀 Tutti i testi li trovate anche in audio sul PODCAST DI STORIE SELVATICHE dedicato alle fiabe.
Una settimana fa ho pubblicato il testo e l’audio di una fiaba di Hans Christian Andersen intitolata “Il baule volante”. Oggi ci vorrei ragionare un po’ su su questa fiaba, perché penso abbia un sacco di cose da dire; e visto che le cose da dire sono un sacco, io non saprò certo dirle tutte, ma solo alcune che, spero, possano però essere di vostro interesse. Faccio questo tipo di lavoro con le fiabe, perché sono profondamente convinta che attraverso questi testi, chiunque può trovare lo spunto e l’appiglio per crearsi una vita degna e prospera.
Si parte premettendo che questa è una fiaba che parla di Ricchezza. In realtà, poco o tanto, tutte le fiabe parlano di questo e di come rendere la propria vita piena, felice e ricca. L’esordio avviene descrivendo un mercante ricchissimo, che era così ricco che con le sue ricchezze avrebbe potuto fare quel che voleva, ma anziché usare il denaro in modo inutile, tanto per ostentarne il possesso, lui lo sapeva “investire” e da un soldo sapeva farne fruttare sempre almeno tre. Perché? Ma perché come dice il Vangelo:
a chi ha, sarà dato, no?!
Il figlio del ricco mercante entrò in possesso di tutto il denaro ereditato dal padre, quando quest’ultimo morì, ma anziché saperlo “investire” come aveva fatto il genitore, lui lo sperperò nei modi più assurdi, compreso quello di far rimbalzare le monete sull’acqua. Ora, io non vorrei dire, ma questo è ciò che accade a tutti quelli che entrano in possesso di grosse somme di denaro all’improvviso. Pensate alle lotterie, o ai gratta e vinci; chi fa grosse vincite, in poco tempo e di solito, ritorna povero senza rendersene conto. Perché? Ma perché come dice il Vangelo:
a chi non ha, sarà tolto anche quello che crede di avere, no?!
Quindi il padre del giovane era ricco e possedeva sempre di più, il figlio era povero e perse tutto. Qui si parla di Ricchezza nel senso in cui viene spiegata meglio nella guida gratuita che trovate sul blog di Storieselvatiche. Le Fiabe sono maestre nel passare questi messaggi, esattamente come sono maestri i Testi sacri e i Miti. Il figlio del mercante divenne dunque povero, perché era povero dentro, a differenza del padre, ma un suo amico gli fa dono di un baule vuoto, affinché egli facesse fagotto e andasse per la sua strada a cercare fortuna.
Il baule vuoto è un simbolo; un simbolo magico, visto che vola, ovvero ti porta in una realtà diversa da quella dove vivi ogni giorno. Ma cosa fece il figlio del mercante come prima mossa? Non avendo più nulla di materiale, mise se stesso nel baule e questa è la prima buona mossa che compie, perché la vera ricchezza è interna a noi stessi, non è nelle cose materiali che stanno attorno a noi. Ma lui per capire questo, ha dovuto prima perdere tutto quello che aveva ereditato dal padre. E ora si affidava con fiducia a quel baule, che nemmeno sapeva dove lo avrebbe portato. Quindi il figlio del mercante, non avendo più nulla da perdere, si mise nelle mani del destino e forse aveva cominciato a capire anche, che un viaggio comincia mettendosi in gioco in prima persona, ma con un atteggiamento di totale fiducia in chi dirige ll tutto.
E infatti, il baule era lo strumento che il figlio del mercante aveva a sua disposizione per compiere il suo destino e così fu che venne portato nel Regno dei Turchi; non fu un caso, perché al figlio del mercante non era rimasta che una vestaglia e delle pantofole e il baule lo portò proprio dove nessuno si sarebbe accorto che lui era povero, visto che tutti giravano vestiti in quel modo. Quindi il figlio del mercante, poteva far finta di essere quello che non era, per il momento.
Quando il figlio del mercante scoprì dove si trovava la principessa della Turchia, si mise in azione e volò da lei usando il suo baule magico. Si avvicinò così alla principessa addormentata, e la baciò. Il bacio delle principesse addormentate è un classico nelle fiabe e può avere significati diversi; in questo caso direi che si tratta di un rito che permette il passaggio da una condizione passiva di chi sta subendo una situazione infelice a una condizione attiva di chi si mette in gioco per esaudire i propri desideri. Qui, Yin e Yang si incontrano nel perfetto equilibrio. Con quel gesto, il figlio del mercante confermò il fatto che lui si meritava il meglio, ovvero l’amore della principessa e non ci pensò due volte a darle quel bacio. Il messaggio che lanciava a se stesso e all’ Universo era esplicito e inconfutabile: lui meritava esattamente quello che desiderava ed era disposto a prenderselo.
Quando si desidera qualcosa, per poterla ottenere occorre agire come se fosse effettivamente nostro pieno diritto ottenere quella cosa, e non attendere che ci venga dato da qualcuno il permesso e magari anche lamentarsi perché non si sa chi, non ascolta le nostre preghiere. La discriminante qui è il coraggio di fare un’azione, di cogliere l’opportunità perfetta! Questo ci porta ad ottenere ciò che vogliamo.
Poniamo che il figlio del mercante avesse esitato, o si fosse fatto prendere dai complessi, dalle incertezze e pensando che magari avesse l’alito pesante e che la principessa non lo avrebbe apprezzato… poniamo, eh… poniamo che anziché baciarla se la fosse fatta sotto dalla paura e si fosse messo lì in un angolo, da qualche parte a pensare, pensare, pensare a come dirle che la trovava bella, ma lui era povero e non sapeva se lui, sì insomma, era all’altezza e via dicendo. Ecco, se il figlio del mercante avesse agito in questo modo, come minimo il baule avrebbe smesso di essere magico, come seconda cosa, prima o poi le guardie della principessa lo avrebbero scovato e arrestato e sarebbe finito dalla padella alla brace in qualche prigione, o peggio, decapitato (che nelle fiabe non si scherza!). E con questo cosa voglio dire? Ma semplice:
a chi ha poco, sarà tolto anche quello che ha.
E adesso pensiamo alle questioni etiche: il figlio del mercante voleva la principessa in sposa. Sapeva anche che lei non avrebbe mai acconsentito di sposare un povero figlio di mercante impoverito; chiaro no?! E allora lui che fa? Mente. Le dice che lui è il Dio dei Turchi! La spara grossa, direte voi!! Addirittura il Dio dei Turchi!! Ma lui disse questo alla principessa, perché sapeva che essendo arrivato dall’alto a bordo del suo baule volante, questo fatto era credibile agli occhi di lei. Seguitemi, adesso.
Lasciamo perdere l’etica e la morale: l’operazione che qui compie il figlio del mercante è l’unica, vera cosa intelligente che lui potesse fare in quel momento. Lui non perse di vista il suo obiettivo, ovvero sposare la principessa. Quindi disse di essere all’altezza di quell’obiettivo, lo affermò con convinzione e si presentò esattamente come se fosse un dio, senza tentennamenti. Risultato? Alla principessa lui piacque, e molto. Un dio che ti arriva dall’alto e ti vuole sposare, voi capirete, è difficile da respingere. La principessa accolse quindi il desiderio del figlio del mercante.
Ma la scintilla d’amore scocca in realtà, proprio perché il figlio del mercante aveva messo a frutto il suo talento nel raccontare le storie, perché vedete, in questa fiaba, la vera ricchezza è questa. Il talento del figlio del mercante è quello di raccontare fiabe; dal momento in cui lui lo usa, offrendo le sue fiabe ed i suoi racconti, lui ottiene ottimi risultati. La parabola dei talenti in questo parla chiaro: il servo che fece fruttare meglio i suoi talenti, fu quello che venne ricompensato ulteriormente e con grandi ricchezze. Chi non li seppe far fruttare e li seppellì sotto terra, nn fece una bella fine. Il Figlio del Mercante, seppe far fruttare i suoi talenti e li investì raccontando fiabe alla principessa e a tutta la corte.
Tutta questa fiaba, è una storia, che racconta una storia nella storia, che racconta una storia nella storia, se ci avete fatto caso. Accade spesso nelle fiabe. Serve ad attirare l’attenzione in una dimensione altra. Difficile staccarsene. E’ la storia che racconta Andersen a noi, ed è la storia che il figlio del mercante racconta alla principessa dicendole che lui è il dio dei turchi, ed ancora è la storia che il figlio del mercante racconta al re e alla regina e che ognuno dei personaggi della cucina partendo dai fiammiferi, raccontano a tutti gli altri. E’ una storia potenzialmente infinita, come le Mille e Una Notte, presente? Niente avrebbe avuto luogo, se il figlio del mercante non avesse sfruttato la sua immaginazione, o se Andersen non avesse fatto altrettanto. Tutto questo è nato dall’ Immaginazione del figlio del mercante, o meglio, dall’immaginazione di chi ci racconta questa fiaba e ha catturato la nostra attenzione per qualche minuto delle nostre vite.
Ma quando noi ascoltiamo una fiaba, quando noi ci immedesimiamo in ogni singolo personaggio, beh viviamo davvero un po’ in quella fiaba; quindi è reale o è finzione? E’ pura fantasia, o in quel preciso istante di piena immedesimazione, per noi è realtà?
E se ci fate caso, ogni personaggio interpreta a sua volta un personaggio; ma questo, non è anche il magico gioco della vita, la rappresentazione che ognuno di noi mette in scena ogni giorno nel proprio quotidiano? Ed ognuno, alla fine, è esattamente quel che vuole interpretare sulla scena di questo Mondo e di volta in volta!? E vi invito a chiedervi: siete sempre consapevoli del ruolo che state interpretando? Siete consapevoli di quale dei personaggi che avete in voi, mettete in campo ogni giorno, di situazione in situazione? Se lo siete, allora siete bravi!! 😀
Bene, ora che abbiamo fatto qualche riflessione, vediamo se la critica al comportamento del figlio del mercante e al fatto che abbia mentito alla principessa, sia giudicabile o meno. Vi dico subito che No, non lo è!! 🙂 Perché nella fiaba, quando tu dici di essere il dio dei turchi, beh, diventi il dio dei turchi ed è così che sposi la principessa!! Altrimenti la fiaba non funziona. La vita non funziona. Se non diventi veramente il dio dei turchi, rimani quello che sei e niente cambia.
Nelle fiabe non c’è posto per il giudizio o per il pregiudizio; questa è tutta zavorra che ci inventiamo solo noi nelle nostre povere e misere realtà.
E quello adottato dal figlio del mercante quando parlò alla principessa è esattamente il modo da adottare, per realizzare i nostri desideri! Qui la principessa simboleggia la parte più profonda, che da parte del figlio del mercante, va “informata” attraverso la consapevolezza di essere padrone della propria vita. Se siamo il figlio del mercante e vogliamo sposare la principessa, ovvero, vogliamo realizzare il nostro desiderio di vita felice e prospera, allora occorre sentire di essere profondamente e per davvero il dio dei turchi, altrimenti la storia si ripiega su se stessa, si sgretola e se non si è credibili, si passa invece dalla padella alla brace!
Ma quand’è che il figlio del mercante ha perso tutto? Fate attenzione a questo passaggio, perché è importantissimo: il figlio del mercante ad un certo punto ha voluto strafare; si è messo a sparare razzi e fuochi d’artificio, per rimarcare una fortuna che era riuscito a procurarsi, e dimenticandosi di ringraziare il cielo per quello che aveva ottenuto. Ha agito nuovamente come quando gettava il denaro nell’acqua del lago. Per poter godere della sua fortuna, sarebbe bastato che stesse fermo, che non agisse e che una volta ricevuto il dono di aver esaudito il suo desiderio, ne fosse grato.
E invece, non solo si è comportato in modo eccessivo, volendo rendere il tutto più evidente di quel che già era, ma soprattutto, non ha avuto fede ed ha dubitato del risultato. Andava in giro a chiedere alla gente se era vero che lui era il do dei turchi che avrebbe sposato la principessa, in buona sostanza. E la sua mancanza di fiducia gli ha tolto i doni che gli erano stati messi a disposizione, per permettergli di risollevare le propria sorte. Proprio così; il peggior peccato è dubitare di se stessi, delle proprie potenzialità e dei propri talenti. Nel momento in cui il figlio del mercante volle verificare di persona cosa stesse dicendo la gente sul suo conto, mancò di fiducia nella benevolenza dell’Universo. E così l’Universo gli tolse prima il baule e quindi anche la possibilità di presentarsi alle nozze, arrivando dall’alto come il dio dei turchi. Si comportò da povero e gli venne tolto anche quello che aveva.
Ti lascio qui la guida gratuita per capire come funziona la ricchezza e che cos’è veramente il denaro.



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