LA RUBRICA DEL GIOVEDI’ – “TE LA RACCONTO GIUSTA”.
ASCOLTA LA FIABA MADRE SAMBUCO SUL PODCAST DELLE FIABE LETTE DA STORIESELVATICHE
ASCOLTA QUESTO COMMENTO ALLA FIABA SUL PODCAST DELLE FIABE LETTE DA STORIESELVATICHE
Questa fiaba, a mio parere è bellissima, ma ha talmente tante chiavi di lettura, che non ho la presunzione di riuscire a sviscerale tutte, ovviamente. E’ in realtà un percorso alchemico, piuttosto complesso per le molte simbologie che propone e per il messaggio profondo che trasmette. Però confido di poterti dare una lettura quantomeno interessante, vista la ricchezza di spunti che il testo di Hans Christian Andersen offre. Tra le altre cose, questo è il periodo di fioritura del sambuco e se puoi farlo, ti invito ad ascoltare questo commento stando magari nelle vicinanze di una profumata pianta di questa meravigliosa specie. Così, il profumo e la visione degli splendidi fiori bianchi, ti accompagnerà in questo mondo magico.

Fin da subito, il testo fornisce uno spunto interessante; dice che c’è “un vecchio, al piano di sopra, che sa raccontare le fiabe“. Bene, questo vecchio è la Mente Creatrice, quella che sa immaginare, inventare, sognare, avere l’intuizione geniale. Il Sé, come lo chiamerebbero Jung e Assaggioli. E’ l’immensa fonte di Bellezza che alberga in ognuno di noi e nel contempo alberga in tutti noi. E’ la totalità psichica raggiungibile soltanto attraverso un’ampliamento della propria coscienza.
E’ quel qualcosa che abita in noi, ma in un appartamento a sé stante, posto più in alto, “vive da solo e non ha figli, ma ama molto i bambini”, si narra nella fiaba di Andersen. E’ l’infinita possibilità creatrice che ci contraddistingue. Il Sé è esperienza, ma anche ciò che ancora non è esperienza; in parte è cosciente e in parte non è cosciente, ma inconscio, quindi interessa la mente cosciente nella sua manifestazione, ma anche la mente inconscia dalla quale attinge.

Il Sé appare spesso nei sogni, nei miti e nelle favole in una immagine di “personalità di grado superiore”, come vecchio saggio, come re o imperatore, eroe, profeta, salvatore …; oppure viene identificato come simbolo della totalità, come il cerchio, il quadrato, la croce ecc. E’ anche un gioco di luce e ombra, la contrapposizione fra yin e yang, la manifestazione della totalità espressa dagli opposti.
Assagioli lo definisce come la parte superiore dell’inconscio, ovvero quella componente Supercosciente della Personalità ordinaria che si manifesta ad un grado superiore rispetto alla personalità stessa. Le esperienze date dal Sé consistono nell’essere consapevoli dell’attività che si svolge ai livelli più alti della coscienza umana. Gli stati di estasi, di gioia e di amore per tutti gli esseri viventi, di cui parlano molti mistici, le intuizioni creative dell’artista che qui si manifestano nella capacità del vecchio di raccontare fiabe, gli impulsi al sacrificio di sé; tutti questi fenomeni appartengono ai livelli più alti del Supercosciente.

Quando il vecchio dice che ci sono fiabe che hanno valore e altre che non ne hanno per nulla, intende dire che le vere fiabe arrivano dall’intuizione creatrice del Sé, e non dalla fantasia della personalità più bassa (illusione). Le vere fiabe si possono riconoscere perché incarnano quegli archetipi riconoscibili in senso universale; sono le fiabe eterne, che non muoiono mai.
Il Sé è come se fosse il Sole. Il Sole non si muove. E’ il punto cardine del sistema solare. E’ la Terra che si muove in relazione al Sole, non viceversa. Il Sole è come il Sé ed è al centro del sistema solare, e ci rimane. Ma pervade l’intero sistema solare con la sua irradiazione, e al tempo stesso lo sostenta e ne mantiene la coesione mediante la sua forza di attrazione.

Nella fiaba poi il bambino continua, citando quel che gli dice sempre sua madre: “Da quel che tu guardi puoi tirar fuori una fiaba e da quel che tu tocchi puoi tirar fuori una storia”. E’ come dire che dalle esperienze sensibili legate al mondo materiale, usando la mente conscia possiamo prendere spunto per creare qualche cosa di non sensibile, come un desiderio, una nuova idea, purché si entri in contatto con la mente subconscia. Ma il vecchio spiega al bambino che le fiabe vere, quelle che hanno valore, perché toccano le corde più profonde e di tutti quanti, indistintamente, sono quelle che “bussano alla fronte” (dove c’è il terzo occhio, dove si trova il sesto senso), sono le fiabe “aristocratiche”, perché prendono vita dalla parte più nobile della nostra mente.

La fiaba prende il via quando dalla teiera esce un albero di sambuco, con la vecchina vestita di foglie; quella vecchina è una Driade, (ne ho parlato qui) ovvero una ninfa dei boschi. Alla fine della fiaba, la Driade si riconosce come il “Ricordo“, ovvero l’accumulo di tutte le esperienze profonde. Appare come una vecchina, perché in questo caso, la pianta di sambuco ha già dato i suoi frutti; da virgulto è cresciuta, ha prosperato e ha fruttificato. I fiori rappresentano le idee che si sono concretizzate.
Madre Sambuco è anche la parte femminile che abita il nostro subconscio, la parte che vuole essere visitata dalle nostre idee, dalla nostra parte Superconscia e Inconscia, dalla Mente razionale, che è maschile e che per poter dare frutto (i fiori di sambuco), deve necessariamente unirsi a Madre Sambuco. Il frutto sono le nostre esperienze potenzianti, ciò che ci rende esseri realizzati, re e regine delle nostre esistenze.

Il vecchio racconta di un altra pianta di sambuco piantata nel Quartiere dei Marinai; da qui parte la prima fiaba nella fiaba; il ricordo nel ricordo. L’albero di sambuco uscito dalla teiera sembra solo un pretesto, nato dalla mente fervida del Vecchio Signore, per raccontare un’altra storia, quella dei due vecchi che stanno raccontando i loro ricordi. Qui scatta il meccanismo profondo della fiaba.
Nelle sue 10 Leggi psicologiche, Assagioli spiega come è possibile spingere noi stessi ad un cambiamento richiamando un’immagine. I ricordi sono delle immagini. Le fiabe sono delle immagini. Ed ogni immagine richiama un’emozione. Le emozioni possono spingere ad un cambiamento di postura, da cui deriva un atteggiamento e comportamento desiderato. E’ il gioco che fanno sempre i bambini, del “facciamo finta che”. Le fiabe usano spesso, se non sempre, questo gioco.

Le fiabe come questa evocano immagini mentali che portano chi ascolta ad immedesimarsi profondamente nella narrazione; per qualche minuto si diventa il vecchio che narra, poi la vecchia che racconta, poi di nuovo il vecchio che narra e così via, in un gioco di ruoli che insegnano come funziona l’immaginazione e nel contempo, i simboli lavorano per noi.
Questo gioco può essere trasposto nella realtà; prova a immaginare di essere ciò che vorresti essere, comportati come se tu lo fossi già, pensa come se tu fossi già quella persona, calata in quel ruolo, con quelle caratteristiche e ad un tratto “sentirai” di essere davvero un’altra persona. Puoi rendere questo gioco talmente reale, da cambiarti veramente la vita, ma questo avviene solo ATTRAVERSO UN’AZIONE DI VOLONTA‘. Non c’è altro modo; deve essere un’azione che prende il via da un’atto consapevole, volontario. Le fiabe come Madre Sambuco ti indicano la via, poi sei tu che decidi se percorrerla o meno.
Ad esempio: se non hai fiducia in te stesso/a, comportati come se tu avessi fiducia in te stesso/a e prova a capire come ti senti. L’obiettivo è provare l’emozione come un’attore che entra perfettamente nella parte. Se hai paura di qualcosa, prova a pensarti come se tu non avessi mai avuto paura di quella cosa e prova a capire come ti senti. Se ti sei sempre sentito limitato/a in qualche attività, prova a comportarti come se tu fossi il/la maggiore esperto/a in quel settore e prova sentire come ti senti.

L’obiettivo non è raccontarti balle e farti illusioni; l’obiettivo è capire come funzioni, quali emozioni provi nel cambiamento immaginativo. Provare un’emozione che non ti sei mai dato il permesso di provare, ti libera da false convinzioni. Quando capisci che tutto nasce da come tu immagini ciò che vedi e che vivi, allora capisci anche che la tua immaginazione può cambiare le tue percezioni, quindi anche la tua realtà. Questo equivale a potare i tuoi rami secchi e fare fruttificare la vite.
Quindi, tornando alla fiaba, dalla teiera nasce la pianta di sambuco, che è l’elemento che predomina in tutta la fiaba, con lo spirito della pianta, la Driade, o il Sé, che muove tutti i fili della narrazione.

Te la ricordi la parabola della Vite nel Vangelo di Giovanni?
Dal Vangelo di Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io-Sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto [fa molto frutto], perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». Gv15, 1-8.
IN questa parabola, “portare molto frutto” significa riuscire a creare una vita prospera e felice attraverso le parole del Cristo. E la parola del Cristo parla dal nostro Cuore, da noi stessi.
La Vite è il Sé superiore, ciò che tutto vede e tutto sa, ciò che muove il mondo, il Creatore primo che è in noi (Rimanete in me e io in voi), la somma degli archetipi universali, la Legge che comprende tutte le Leggi. I tralci siamo noi, ed il Sé è parte di noi; noi siamo la somma delle nostre esperienze, le nostre convinzioni, le nostre paure, i nostri limiti, ma anche i nostri talenti, le nostre capacità, le nostre idee potenzianti (anche quelle nascoste nella nostra parte profonda e che ancora non conosciamo) e a noi sta l’onere di scegliere quali di questi elementi possono dare frutto e quali vanno tolti, potati, eleminati per rendere la pianta più forte, vigorosa e produttiva.
Noi non siamo nulla senza la vite; un tralcio senza vite, muore. (Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.) Noi non otteniamo nulla se non ci muoviamo secondo le Leggi della Vite, della Natura. Viviamo in funzione di essa, con essa in noi stessi, ma noi possiamo fare in modo che la Vite possa dare frutto. Solo se sapremo fare questo, seguendo le sue Leggi, la nostra esistenza può avere un senso. E questo può essere fatto solo attraverso un atto di volontà.

I vecchi della fiaba, quando raccontano, non scelgono i ricordi più dolorosi, se ci fate caso. Quelli li hanno già potati. Voi pensate che nella vita di questi personaggi, non ci fosse un solo ricordo doloroso? E’ impossibile; ma loro scelgono solo i ricordi che danno frutto. Scelgono l’innamoramento, l’amore, l’attesa di rivedersi, la nascita dei figli (fra i quali c’è anche un certo Hans Christian), dei nipoti, la gioia, la felicità di essere arrivati alle nozze d’oro, ad essere riusciti a divenire re e regina delle proprie esistenze.
Le nozze d’oro rappresentano la trasmutazione di un’intera esistenza nella pietra filosofale, la trasmutazione alchemica del piombo in oro oramai avvenuta. E Madre Sambuco afferma per ben due volte che questo è l’epilogo dell’esistenza dei due vecchi, del maschile e del femminile che abita in noi e che hanno saputo creare quell’equilibrio necessario alla trasmutazione. Non è un caso se l’albero di sambuco che esce dalla teiera e quello che sta nel cortile dei marinai, è tutto in fiore!

Non è un caso nemmeno il fatto che la fiaba esordisca con il bambino che mette i pedi nell’acqua e che l’acqua sia perennemente presente in tutta la fiaba; quando il vecchio racconta del Cortile dei Marinai, riferisce di una barchetta messa in un tinello d’acqua che navigava benissimo e successivamente dei suoi viaggi per mare.
I marinai sono coloro che compiono il viaggio e che per arrivare a destinazione, devono necessariamente remare, compiere delle azioni volontarie per portarsi da un luogo di non conoscenza, a un luogo di Conoscenza. Per questo la fiaba si sposta dalla stanza del bambino al Quartiere dei Marinai, ovvero dal luogo dove parte il viaggio di ricerca.

Nell’epoca Tolemaica, a maggio, (quando fioriscono i sambuchi, guarda caso) Iside veniva portata in processione sulla sua “navetta” e navigava nel porto ed era questo un momento iniziatico-spirituale che rappresentava il viaggio da compiere per partire e recarsi “altrove”. La barca nel pensiero egiziano è il veicolo degli dei o degli esseri in corso di divinizzazione.
La prima parte della fase alchemica è la nigredo, ovvero la ricerca iniziale, prima della rinascita di un essere nuovo. La pioggia di cui parlano i due vecchi rappresenta questa fase del viaggio, ovvero il momento della partenza nell’incertezza. La stessa fiaba parte con il bambino (l’iniziato immaturo) che si bagna i piedi nell’acqua (che simboleggia la volontà di partire per un viaggio di ricerca, una sorta di battesimo). L’ infuso di sambuco è la parte di acqua che “scalda tanto”, come dice la madre del bambino, e come scalda anche il fuoco alchemico o il fuoco cristico, (il battesimo del fuoco) necessario alla ricerca, per arrivare alla trasmutazione del piombo in oro, per arrivare a conoscere l’”Io sono”, la consapevolezza, la conoscenza di se stessi e dell’equilibrio che permette la realizzazione della propria esistenza.
La vecchia moglie della fiaba parla anche del sacramento della Cresima ed il simbolo di questo sacramento è la colomba dello Spirito Santo; lo stesso uccello che venne mandato da Noè in esplorazione dopo il Diluvio Universale (qui il post sul diluvio raccontato da Ovidio); e ritorna di nuovo l’acqua. La vecchia moglie racconta che piansero molto (altra acqua); ma il simbolo della cresima è anche il fuoco, cioè la guida della Luce che è in grado di riscaldarci, ma anche di forgiare, di temprare l’animo. Ed il fuoco, è anche il fuoco alchemico, la fase alchemica della rubedo.

Ma a questo punto la vecchia moglie ricorda anche che da giovane è salita con il marito sulla torre rotonda, per vedere la città di Copenaghen dall’alto; la torre è il XVI Arcano dei Tarocchi ed è sempre rappresentata in fiamme (di nuovo il fuoco); è un simbolo di ammonimento che redarguisce chi è sul cammino della Conoscenza, affinché non vengano bruciate le tappe, e che non si pecchi di presunzione e superbia, ma si operi nell’umiltà. Questa è la fase di purificazione, una via prudenziale che ammonisce di compiere i passi secondo coscienza e senza fretta.
Da questo momento in poi, il racconto della moglie è quello di un’amante che attende il ritorno dell’amato che è andato per mare; lo aspetta sulla soglia, attende che il portone si apra e intanto fuori continua a piovere e lui è in giro per il Mondo a navigare. Anche tutta questa parte di fiaba è simbolica. Lei è la parte Inconscia (femminile – spirituale) che attende di essere raggiunta dalla parte Conscia (maschile-razionale), per completare la loro unione.
La soglia, il portone che lei attende che si apra, rappresenta il confine fra le due menti, fra i due mondi che portiamo in noi, fra il conscio e l’inconscio; questo confine viene varcato solo quando dormiamo, ma noi non ne siamo consapevoli, oppure quando le nostre idee (mente razionale) portano consapevolmente frutti fecondi alla nostra immaginazione (talenti, idee, opere d’arte). Ed i frutti sono fecondi solo quando c’è un coinvolgimento emotivo (mente profonda) molto forte.

Quando lui, il marinaio (il pensiero razionale) ritorna, dai suoi viaggi di Conoscenza, dove ha accumulato idee, nozioni, intuizioni, avviene l’unione, lo sposalizio fecondo con la parte spirituale di lei (inconscio) e nascono i primi frutti (vedi parabola della vite), ovvero i figli della loro unione, del loro amore.
I frutti sono quindi ciò che può nascere dall’unione della parte razionale (pensiero) reso fertile dall’immaginazione e unitosi con la parte inconscia profonda (emozione). I figli dei figli sono i tralci che portano altri frutti e così via. Perché quando un pensiero è fertile si espande come un’onda a livello collettivo (Vedi inconscio collettivo di Jung). Questa immagine dell’unione fra spirito e materia al fine di produrre nuovi frutti è ben chiara anche nella rappresentazione dell’ Albero della Vita, ovvero l’Albero cabalistico.

Poi il bambino disse: “Ma questa non è una fiaba!!” E il vecchio rispose: “E’ vero, devi capire! Chiedilo a Madre Sambuco!” E Madre Sambuco rispose: “No, non è una fiaba, ma dalla realtà, spesso nasce la più meravigliosa delle fiabe!” 😉 Con questa frase si evidenzia che tutto ciò che è stato raccontato non è finzione, ma si riferisce a una condizione reale, concreta, vera. Per questo io vi dico sempre che le fiabe sono vere. 🙂
Le fiabe, sono dei frutti creativi di un’unione fra mente razionale e spirito. La concretizzazione dei nostri talenti sono i frutti della Vite; le idee che mettiamo al servizio di tutti e portano prosperità e felicità a noi stessi e agli altri, sono i frutti. La Bellezza che nasce dall’Arte, sono i frutti. Le idee per organizzare una vita degna e a misura d’uomo, sono i frutti. La nostra creatività messa al servizio del prossimo sono i frutti. La nostra intelligenza, immaginazione, spiritualità messi al servizio del prossimo, sono i frutti.
Quando nella fiaba Madre Sambuco prende in braccio il bambino e diventa una fanciulla giovane e bella, che cosa vi fa venire a in mente? Noi sappiamo che le driadi e tutte le ninfe dei boschi nella mitologia greca, per definizione, sono delle vergini, giusto? Ti ricordi la Dafne che vuole fuggire alle brame di Apollo per mantenersi vergine in nome della Dea Diana? Quindi, essendo Madre Sambuco una driade, anche qui siamo di fronte all’immagine di una vergine che tiene in braccio un bambino; mi pare un’immagine ben conosciuta nella cultura cristiana.

Ma questo fa parte della seconda parte della fiaba e se vorrai ascoltare il seguito di questo commento, ne parlerò nella prossima puntata delle fiabe lette da storie selvatiche. Per ora ti ringrazio per aver ascoltato questo commento fino in fondo e ti auguro lunga vita e prosperità.



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