Sono nata in un paese di montagna; un piccolo paese di 300 anime. E questo paese fa parte di una microscopica minoranza etnica di circa 1500 anime. Ebbene, io so che cos’è la vita di comunità, il sacrificio del lavoro nei campi e negli allevamenti… anche nei ristoranti di famiglia. Io ero una cuoca, un tempo.
Una cuoca pasticcera, perché io amavo decorare dolci… mi piaceva fare il pane, mi piacevano i lievitati… perché veder lievitare mi ha sempre affascinato. E’ una po’ una magia, la lievitazione, no? L’Alchimia mi ha sempre affascinato, in ogni sua forma! E la cucina, la trasformazione dei cibi che cos’è, se non un processo alchemico?!
Ho allevato vacche da latte in un’altra vita. Animali di tutti i tipi. E li ho amati, quegli animali. Cani, gatti, galline, vitelli, conigli, maiali, vacche e anche cornacchie, corvi imperiali e un astore che non ho mai saputo che fine ha fatto.
Insomma, io stavo più con le bestie che con gli umani e in questo mi ritengo fortunata; sono cresciuta bene. Un po’ selvatica, è vero; un po’ introversa, anche, ma probabilmente mi sono salvata proprio per questo.
La mia era una famiglia disfunzionale. E allora la mia famiglia me la sono creata fra i non umani e i libri. E ho imparato a vivere dai boschi, dagli animali e da una biblioteca che una zia acquisita aveva acquistato per arredare una casa.
Anche dagli animali selvatici ho imparato a vivere; caprioli, uccellini di ogni tipo, rettili, anfibi, corvi imperiali, cornacchie, tassi, martore, galli cedroni, fagiani di monte, camosci, cervi… e alberi, piante di tutti i tipi e dimensioni… ecco, io ero (e sono) più in sintonia con tutto questo, che con la comunità di montagna dove vivevo.
Intendiamoci, io ci ho provato a “umanizzarmi” e ci ho provato davvero; ho anche messo in piedi un’associazione culturale per preservare lingua e tradizioni… ma l’ho fatto sulla scia di un’educazione particolarmente tradizionalista e per seguire l’esempio di un padre che non c’è mai stato e che pensavo di poter avvicinare quando ero ormai quasi adulta, proprio seguendo le sue passioni. Ma poi capii che era tardi e comunque morì troppo presto per poter creare un vero rapporto padre figlia.
E poi, ho cercato un lavoro che mi permettesse di frequentare la mia vera casa, i boschi… e la mia famiglia, gli alberi e gli animali. E ci sono riuscita, ma il prezzo da pagare per poter fare quel lavoro non era decisamente equo. Ad un certo punto la coscienza non mi ha più permesso di scendere a compromessi. Ma questa storia l’ho già raccontata. Ho fatto la forestale per quasi vent’anni; ecco, l’ho detto.
Ed ero inquieta. Lo sono ancora. Lo sono sempre stata. E quest’inquietudine mi ha portato ad andare via presto dal paese, a cercare esperienze, nuove sfide, a cercare la Libertà, l’indipendenza, la mia strada, insomma. E per i primi tempi mi divertii così; mi piaceva tutto. Ma proprio tutto, anche la fatica più massacrante. Mi piaceva perché pensavo che stavo lavorando per crearmi qualcosa di più degno, di più facile, di più comodo.
Mi resi conto a trent’anni, o giù di lì che non sarebbe stato possibile; e fu allora che cominciai a capire. Capii che vivevo in un meccanismo che non permetteva la realizzazione di un sogno; nemmeno di uno. Capii che tutto era manipolazione e finzione. Capii che mi avevano presa in giro.
Lo capii presto. E scappai, da un luogo all’altro per tanti anni. E dovevo crearmi alibi per andare; dovevo trovare buoni motivi, perché il mio spostarmi in continuazione sembrava quasi una colpa, un qualche cosa di disdicevole da dover giustificare. Girai a lungo, con lo studio come alibi, con il lavoro come alibi. Trasloco dopo trasloco, in eterna fuga da una vita che mi stava col fiato sul collo.
Ecco, io dovevo sempre avere un alibi per potermi spostare ogni tot tempo; e la priorità era “mimetizzarmi” il più possibile, rendermi invisibile, perché nell’invisibilità si è più liberi, perchè no nsi viene raggiunti dai dogmi, dalla routine, dalle pratiche quotidiane di un mondo malato, folle. E quando venivo vista, facevo come gli animali selvatici, mi mimetizzavo e mi dileguavo: altro trasloco, altra città, o altro paese disperso sui monti. E non ho mai smesso, non mi sono mai fermata.
A 52 anni conto nove traslochi; considerando che ho cominciato a 20 anni, significa che in trent’anni mi sono spostata con una media di un trasloco ogni 3 anni. La Libertà è una fuga continua, quindi? E le mie, erano fughe, o è solo stata la ricerca spasmodica di una dimensione che mi somiglia, non dico tanto, ma almeno un po’!?
E siccome in un sistema marcio e corrotto, in una matrice fittizia, fasulla, vuota, questa dimensione non esiste, da nessuna parte, le mie erano fughe, o ricerche dell’impossibile?! Me lo chiedo. Ancora, anche oggi, a distanza di tanti anni. Perché vedete, la mia inquietudine, mica si è smorzata! Macché!! Si è amplificata!
Io non vedo l’ora di prendere su e andare! Sempre! E allora sono giunta a una conclusione un po’ strampalata; io non sono un essere sedentario; io sono una nomade, come quegli zingari che ad un certo punto devono prendere e andare altrove. Oggi non mi servono più alibi o giustificazioni; a me stare ferma non piace.
Ecco. L’ho detto. Non mi piace il meccanismo che mi limita, non mi piace il sistema che mi ha tradita, mi ha presa in giro, mi ha trattata come una merce di scambio e come un burattino che dove lo metti sta! Mi fa schifo un sistema che mi ha schiavizzata per tutta la vita!
Non mi piace e oggi nego il consenso! E non mi piace dovermi adeguare alla schiavitù di una vita routinaria da commessa, o da poliziotta, o da dipendente di qualsiasi tipo; è svilente, un degrado sempre uguale a sé stesso! Non fa per me. Io preferisco andare! E fare, rendermi utile mentre vado, mentre vedo, e conosco e abbraccio e sperimento.
E questo, io penso, fa parte di quell’indole tipica dei popoli migratori, come gli stormi in formazione perfetta e incredibile delle oche selvatiche che attraversano i cieli e vanno lontane, lontanissime, in un volo pazzesco di migliaia di chilometri, attraversando oceani e continenti.
Ecco, a me l’imprinting lo ha dato la Natura, non la mia famiglia; io sono stata allevata da Madre Terra negli esempi essenziali della Natura. Io mi chiamo elena delle selve, sono una donna viva, la mia è una storia selvatica e faccio parte di un popolo migratore che attraversa i continenti.
lunga vita e prosperità a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
elena delle selve

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