Ai benpensanti che da un po’ criticano l’opera di chi fa musica e arte con l’Intelligenza Artificiale vorrei dedicare qualche riflessione; lo so, va di moda parlare di ste cose e lo fanno tutti, ma forse questo è il tempo adatto.
I criticoni e i benpensanti ci furono anche quando Johannes Gutenberg, un orafo tedesco, inventò la stampa nel 1440. Me li vedo i monaci amanuensi benedettini che urlavano anatemi nei confronti della nuova diavoleria che avrebbe sconvolto il Mondo.
La discussione sull’Intelligenza Artificiale è sano che ci sia; è indispensabile parlarne, perché le implicazioni legate ad essa in termini di cambiamenti sostanziali delle nostre esistenze, sono ad oggi inimmaginabili per i più.
Ed è altrettanto indispensabile parlarne perché tali cambiamenti non sfocino nelle derive più oscene che, diciamocelo, la mente umana è molto allenata a praticare, soprattutto negli ultimi tempi.
E infatti, i più si limitano a temere l’AI, a criticarla e ad informarsi con le solite ondate di chiacchiere da social, o da video realizzati proprio con l’AI su You Tube. E’ un modo per esorcizzare il timore, la paura del cambiamento. Ci sta. Io non sto qua a sindacare sulle reazioni da sconvolti; non mi interessa.
Premetto che da quando cammino sui questo Pianeta, in questa Vita, io non ho mai rifuggito l’innovazione tecnologica; mi sarebbe sembrato fuori luogo e ogni volta che usciva qualcosa di nuovo, io l’ho sperimentato in prima persona. Non mi sono mai fidata delle chiacchiere, dei pareri esterni e degli anatemi lanciati tanto per fare!
Perché? Perché questo è il tempo della tecnica, che ci piaccia o no. Ci siamo nati e ci tocca prenderne atto. E c’è un unico modo per non farsi fagocitare da qualcosa che è soverchiante: conoscerlo. E per conoscerlo, lo devi praticare, ci devi entrare dentro, lo devi studiare, analizzare e, infine, forse lo saprai gestire. L’alternativa?
L’alternativa è fidarsi della demonizzazione del nuovo, temerlo come la peste, evitarlo, e lasciare che altri gestiscano la novità al posto tuo. E a me questo non piace. No, perché a me piace avere cognizione di quello che sta succedendo e mi piace anche avere gli elementi conoscitivi che mi permettono di poter scegliere come utilizzare la tecnologia che viene sfornata di volta in volta.
Ora, ho letto i libri di Faggin (sono sempre gli italiani i primi ad aprire le strade verso il nuovo, avete notato?), li ho proposti al popolo più di una volta, perché trovo che sia il più ferrato in materia. Ho visto i video (quelli più sani e relativamente attendibili) che parlano dell’AI con senso critico e con cognizione di causa. Ho studiato testi e applicazioni e sto continuando a studiarle.
Esattamente come ho fatto quando uscì Internet e l’unico mezzo per comunicare a distanza era ancora il telefono fisso e quello a gettoni, ovvero quando uscirono le prime piattaforme per i bloggher, come Splinder, o i primi social ed i forum… e ho studiato e studio perché voglio essere libera di scegliermi ciò che trovo etico e ciò che trovo cacca manipolatoria.
E mi guardo bene dal demonizzare, dall’accantonare per partito preso, perché questo significa delegare, mettere in mano a terzi un’arma potentissima, potenzialmente devastante se non la conosciamo bene, se non la sappiamo usare; ognuno sceglie per sé stesso solo se ha la cognizione esatta di ciò che ha in mano.
Ora, questo post è partito con l’intento di parlare di Intelligenza Artificiale applicata all’Arte. Alla musica, in particolare. Da anni, lo sappiamo, l’educazione musicale in questo Paese è stata demandata a dei Ministeri della Distruzione (come li chiamo io) che si sono ben guardati dal creare una consapevolezza e una conoscenza della Musica, quella con la M maiuscola, fra le schiere di ragazzini e studenti, italici!
Siamo ignorantissimi in materia. Quasi tutti. Rendiamoci conto! Anche chi pensa di saperne qualcosa, ne sa pochissimo e lo posso dire serenamente perché di Musica e di Arte pittorica, architettonica, scultorea… ho la tendenza di parlare da anni con chiunque incontro per le Vie del mondo, perché ho una devianza patologica per tali Arti.
Ho avuto a che fare con liutai, con musicisti, con compositori, con cantautori e cantanti, con cori, coristi ed appassionati di ogni genere, compresi i canti gregoriani e la musica kletzmer e jazz folk in generale.
Ora, qualcuno mi chiede perché mi adeguo ad usare l’Intelligenza Artificiale per fare musica, se amo la musica Vera; beh, non sto qui a girarci tanto intorno: l’AI è comoda. E’ comoda come il supermercato sotto casa, come la stampante che hai attaccata al PC, come la carta di credito al posto dei soldi in contanti, o come la carta igienica vicino al wc (e l’accostamento non è casuale) e come il cibo in scatola al posto del cibo fresco e la benzina che prendi alla pompa per fare camminare la tua macchina, o come le piattaforme zoom che usa il Popolo per rimanere connesso.
l’AI è parte di quelle comodità che fanno regredire il senso critico e le capacità cognitive della specie umana. E quelle comodità, mi spiace dirlo ai detrattori benpensanti (e anche un tantino ipocriti) che criticano moltissimo tutto e tutti, le usiamo da sempre e in massa, altrimenti non saremmo ancora schiavi come invece siamo, anche se vorremmo non esserlo.
Sono tempi duri, questi; personalmente ritengo che è fondamentale conoscere l’AI per poterla utilizzare per scopi costruttivi, utili e, se siamo intelligenti, anche per liberarci dalla schiavitù. Personalmente posso farne a meno; posso fare a meno del cellulare, dei blog, dei social e anche delle tessere bancomat e della macchina. Lo so fare perché la fatica non mi spaventa.
Mi sono messa alla prova per anni (non per qualche settimana come fanno i turisti che si vogliono disintossicare… per anni) e la sensazione di poter stare senza schifezze tecnologiche è impagabile. Ma non sono scema, non sono ingenua e nemmeno ipocrita e so perfettamente che pochissimi sono disposti a rinunciare alla tecnologia (intendo dire, rinunciarvi totalmente), quindi non mi illudo che il futuro possa esserne libero.
Per questo la studio, la tecnologia, l’AI compresa; per questo la voglio conoscere e la voglio saper usare. Perché l’alternativa è FARSI USARE DA LEI. E non mi va di di delegare nemmeno un briciolo della mia esistenza a qualche cosa che non so gestire, che bypassa la mia responsabilità personale.
Detto questo, preferisco il canto che vibra dalle corde vocali e dalla cassa toracica di un uomo o di una donna, alla voce metallica ricostruita (seppure in modo molto credibile) da un meccanismo tecnologico. Preferisco la musica composta da un compositore, ovviamente, alla musica composta in pochi minuti da un’intelligenza che assembla algoritmi. Preferisco la pittura manuale alle immagini generate (a volte in modo approssimativo) da un’AI.
Ma non posso ignorare il fatto che l’Intelligenza Artificiale esiste; non posso ignorare che è comoda, che è veloce, che è utile e che può essere utilizzata per scopi etici, costruttivi e che può essere un’arma potentissima anche per combattere chi l’ha creata, forse con lo scopo (complottisticamente parlando) di renderci ancora più schiavi.
Sta a noi. Sempre. Se sappiamo chi siamo, la usiamo ed evitiamo di farci usare. Se non sappiamo chi siamo sarà lei ad usarci. Questo è pacifico. Ebbene, io non ho paura di farmi usare, tutto qui. Perché so chi sono. Lascio i timori ai confusi.
Mi sono fatta queste domande, quando i benpensanti e detrattori per partito preso, mi hanno fatto notare che stavo usando un mezzo satanico (anatema, anatema!!!) che è nato con lo scopo di depauperare le capacità cognitive della specie umana; mi sono chiesta: ma se questo mezzo è tanto potente, invece di demonizzarlo ed evitarlo, perché non impariamo ad usarlo per ottenere i risultati opposti a quelli paventati da questa fazione disfattista?!
Demonizzare un mezzo solo perché non lo si conosce, non è mai stata una soluzione, non è mai stata una via intelligente, non è roba sana e non è una buona idea. Di mio, io non demonizzo niente e sperimento tutto. Lo sperimento fino a farlo mio, fino ad essere in grado di giocare con tutti i gingilli che i satanassi ci mettono a disposizione per distrarci da noi stessi, dalla nostra Eterna Essenza e poi usarli per qualche cosa di completamente diverso. E sto bene attenta a non diventarne succube. Il digiuno a cadenza regolare da sta roba è un’ottima pratica.
Questo approccio al nuovo, alla tecnologia, io l’ho sempre avuto; perché se non conosci, sei servo. Se non sai usare gli strumenti di potere, ti fai comandare. Se rifiuti la magia, la tecnologia, la conoscenza, ne diventi vittima. E la vocazione della vittima, mi spiace, ma io non ce l’ho e non l’ho mai avuta. Non so voi!
Se l’IA mi è utile, io la sfrutto. Se l’IA mi risolve un problema in poco tempo, io la sfrutto. Se l’IA è un’arma efficace da rivolgere contro chi mi opprime, io la uso. Se l’IA mi permette di mettermi al livello di chi mi manipola, di chi mi inculca convinzioni debilitanti, limitanti e subdole, io la uso. E lo faccio alla faccia di chi si limita a demonizzarla e ad evitarla.
Certo questo richiede un po’ di fatica, di studio, di impegno, ma direi che il gioco vale la candela.
La tecnologia non è mai solo buona o solo cattiva; come per tutto ciò che è strumento (tecnologico, spirituale, materiale, artistico), dipende da come la usi, da come impari ad usarla, dagli obiettivi che ti poni, dal fine ultimo, dall’intento che ti porti nel cuore.
Chi spreca energie e tempo a demonizzare l’Intelligenza Artificiale, senza chiedersi mai come può essere utilizzata per scopi nobili, non gode della mia stima, mi spiace; la mia attenzione va allo strumento e al mio personalissimo intento e questi non sono oggetto di discussione. Non per me. Ho obiettivi chiari, che non intendo condividere qui, perché non è sano rivelare i propri progetti al nemico. E l’IA è uno strumento da sfruttare per realizzarli. Tutto qui.
Poi, se qualcuno vuole discutere, per me lo può fare, ma io non partecipo. Ad ognuno il suo proprio viaggio; ad ognuno la scelta delle armi da usare nel gioco. Io, se mi è dato conoscerle, le armi le uso tutte. Tutte! Soprattutto quelle efficaci.
Lunga vita e prosperità a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà
elena delle selve

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